Articolo

Diritto alla pensione di inabilità a seguito di una sindrome ansioso-depressiva collegata ad una neoplasia

Corte dei Conti, sentenza n.226 del 2014.

Una signora titolare della pensione di inabilità ai sensi dell'articolo 2 della legge 335/1995 subiva la revisione del trattamento e la conseguente revoca disposta dall'INPDAP.
La signora, con ricorso alla Corte dei Conti, contestava l'operato dell'INPDAP lamentando gravi patologie di natura oncologica di cui è affetta. La signora assumeva, inoltre, che le gravi patologie invalidanti (con alto rischio di ricadute e necessità di visite di controllo ed esami clinico-strumentali) risultavano aggravate anche dall'insorgenza di uno stato ansioso depressivo.
Nel corso del procedimento veniva disposta la consulenza medico-legale con cui si riscontrava la scarsa sensibilità della signora ai trattamenti chemioterapici, la caratteristica di progressività di malattia e l'importanza della sindrome ansioso-depressiva.
Il riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità ai sensi dell'articolo 2 della legge 335/95 è subordinato alla sussistenza dell'inabilità permanente ed assoluta a qualsiasi attività lavorativa.
La Corte dei Conti ha ricordato che l'inabilità che deve essere totale ed investire l'attività lavorativa generica. Il concetto di inabilità assoluta e permanente deve identificarsi con uno stato di fatto caratterizzato dall'assenza di una capacità lavorativa tale da consentire un'attività redditizia senza  usura psicofisica oltre le proprie forze. L'inabilità assoluta e permanente a qualsiasi attività lavorativa deve risultare completa nel senso di determinare una esclusione del soggetto dal mondo del lavoro al solo titolo della condizione invalidante.
La Corte di Conti ha ritenuto rilevanti sia la malattia neoplastica con ripetizioni epatiche e polmonari sia la sindrome ansioso-depressiva insorta in seguito. Quest'ultima è stata presa in esame perché comporta fragilità sul piano affettivo e comportamentale, con abbassamento del livello di autostima e il rifiuto alla partecipazione alla vita sociale attiva.
La Corte dei Conti ha statuito che dette patologie ed infermità comprimono in maniera significativa l'autonomia gestionale e relazionale in misura tale rendere la signora inidonea a qualsiasi attività lavorativa ed ha dichiarato il diritto al ripristino della pensione di inabilità.

Condividi questo articolo: