D.l. 76/2013 e novità in tema di contratto a tempo determinato
Ministero del lavoro, Circolare 35/2013.
Il Ministero del Lavoro ha fornito alcune osservazioni in merito alla Legge 99/2013 di conversione del D.l. 76/2013 e diverse riguardano l’utilizzo del contratto a tempo determinato.
Il Decreto Legge ha modificato la disciplina del contratto a termine “acausale”. Le ragioni di carattere “tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” non sono, dunque, richieste:
a) nell’ipotesi del primo rapporto a tempo determinato, di durata non superiore a dodici mesi comprensiva di eventuale proroga, concluso per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nel caso di prima missione di un lavoratore nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato;
b) in ogni altra ipotesi individuata dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Il Ministero ha segnalato alcune differenze rispetto alla precedente disciplina:
- la durata massima di dodici mesi del contratto “acausale”, che può essere prorogato, è comprensiva di eventuale proroga;
- la disciplina eventualmente introdotta dalla contrattazione collettiva può integrare quanto previsto dalla Legge. I contratti collettivi, anche aziendali, potrebbero prevedere, ad esempio, che il contratto a termine “acausale” possa avere una durata maggiore di dodici mesi ovvero che possa essere sottoscritto anche da soggetti che abbiano precedentemente avuto un rapporto di lavoro.
L’abrogazione del comma 2 bis, dell’art. 4 del D.Lgs. 368/2001 da parte del D.l. 76/2013 consente la proroga dei contratti a tempo determinato “acausali”, i quali potranno avere comunque una durata massima complessiva di dodici mesi. La proroga può riguardare anche contratti sottoscritti (ma evidentemente non ancora scaduti) prima dell’entrata in vigore del D.l. 76/2013.
Quanto alle modifiche introdotte all’art. 5 del D.Lgs. 368/2001, i c.d. periodi cuscinetto trovano applicazione anche in relazione ai contratti a termine “acausali”.
Ferme restando eventuali diverse previsioni introdotte dalla contrattazione collettiva, dunque, un contratto “acausale” potrà avere una durata massima di dodici mesi e cinquanta giorni, superati i quali lo stesso si trasformerà in un “normale” contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
L’applicazione dei “periodi cuscinetto” anche in relazione ai contratti “acausali” comporta l’applicazione dell’art. 5 del D.Lgs. 368/2001, relativamente alle maggiorazioni retributive dovute al lavoratore “per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al venti per cento fino al decimo giorno successivo” e “al quaranta per cento per ciascun giorno ulteriore”.
Il nuovo art. 5 del D.Lgs. 368/2001 ha modificato gli intervalli tra due contratti a tempo determinato, ripristinandoli a dieci o venti giorni, a seconda che il primo contratto abbia una durata fino a sei mesi ovvero superiore a sei mesi.
Le disposizioni che richiedono il rispetto degli intervalli tra due contratti a termine, nonché quelle sul divieto di effettuare due assunzioni successive senza soluzioni di continuità, non trovano applicazione nei confronti dei lavoratori impiegati nelle attività stagionali di cui al D.P.R. 1525/1963 ed in relazione alle ipotesi individuate dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
All’art. 10 del D.Lgs. 368/2001 è stata introdotta una modifica volta a chiarire che, in relazione alle assunzioni a termine di lavoratori in mobilità ai sensi della Legge 223/1991, non trovano applicazione le disposizioni di cui allo stesso D.Lgs. 368/2001. In relazione alle assunzioni di tale categoria di lavoratori, non è necessario il rispetto della disciplina concernente, ad esempio, l’indicazione delle ragioni di carattere “tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” o il rispetto degli intervalli.
02/09/2013