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Contestazione disciplinare generica: illegittimità del licenziamento.

Corte di Cassazione, sentenza numero 2648 del 2016.

Un lavoratore impugnava il licenziamento disciplinare intimatogli dal datore di lavoro.

La Corte d'appello di Bologna dichiarava illegittimo il licenziamento, ritenendo generica la relativa contestazione disciplinare.

Della controversia veniva investita la Corte di Cassazione.

In tema di sanzioni disciplinari a carico dei lavoratori subordinati, la contestazione dell'addebito ha lo scopo di consentire al lavoratore incolpato l'immediata difesa e deve rivestire il carattere della specificità, ancorché senza l'osservanza di schemi prestabiliti e rigidi, purché siano fornite al lavoratore le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti addebitati, rispettando i principi di correttezza e garanzia del contraddittorio.

Nel caso affrontato, la lettera di contestazione individua, anche con precisione, un fatto teoricamente censurabile disciplinarmente, ma resta confinata in tale categoria teorica (esistenza di un accordo attraverso il quale il dipendente avrebbe tratto illeciti profitti), senza tuttavia indicare quali fossero in concreto i fatti disciplinarmente rilevanti, effettivamente compiuti ed addebitati al lavoratore.

Nella contestazione è per un verso chiaramente delineata la fattispecie illecita astratta di una truffa ai danni del datore di lavoro, mediante accordo con l'officina il cui contenuto pure era stato specificato (creare in favore dell'Officina in questione le condizioni per poter ottenere la liquidazione di interventi su riparazioni effettuate su garanzie manipola o con ricambi non originali); la contestazione non precisa, però, nemmeno a titolo esemplificativo, gli episodi relativi alle procedure di garanzia ritenute truccate e/o alle riparazioni effettuate con ricambi non originali, difettando quindi di qualsiasi effettivo elemento (ad es. il numero di procedura degli interventi in garanzia, il modello del veicolo, l'oggetto dell'intervento, etc), necessario a concretizzare, dal punto di vista spaziale e temporale, gli illeciti di cui si riteneva responsabile il lavoratore.

La Corte di Cassazione ha, dunque, confermato la illegittimità del licenziamento.

28 maggio 2016

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