Condotte vessatorie da parte di colleghi: responsabilità del datore di lavoro.
Corte di Cassazione, sentenza 27913 del 2020.
La Corte di Appello di Ancona confermava la condanna di una società al risarcimento, in favore di una propria lavoratrice, del danno da invalidità temporanea conseguente al mobbing posto in essere nei suoi confronti. Assumeva rilievo il fatto che il rappresentante legale della società era stato al corrente dei reiterati episodi persecutori posti in essere nei confronti della dipendente dai colleghi, ma non abbia voluto indagare a fondo la questione né attuare provvedimenti disciplinari idonei a tutelare la situazione problematica prospettatagli dalla lavoratrice.
La Corte di Cassazione, investita della controversia, ha osservato che la responsabilità datoriale per la mancata adozione delle misure idonee a tutelare l'integrità psico-fisica del lavoratore discende o da norme specifiche o, nell'ipotesi in cui esse non siano rinvenibili, dalla norma di ordine generale di cui all'articolo 2087 del Codice civile, costituente norma di chiusura del sistema antinfortunistico estensibile a situazioni ed ipotesi non ancora espressamente considerate e valutate dal legislatore al momento della sua formulazione e che impone all'imprenditore l'obbligo di adottare, nell'esercizio dell'impresa, tutte le misure che, avuto anche riguardo alla particolarità del lavoro in concreto svolto dai dipendenti, siano necessarie a tutelare l'integrità psico-fisica dei lavoratori.
La Corte di Appello ha correttamente valutato il fatto che il datore di lavoro fosse o meno al corrente dei comportamenti assunti come mobbizzanti ed al riguardo ha osservato che, sebbene il datore di lavoro non si sia reso protagonista diretto delle condotte vessatorie subite dalla lavoratrice, non può andare esente da responsabilità rispetto ai propri obblighi di tutela. Appare inverosimile che il datore di lavoro non fosse a conoscenza dei comportamenti tenuti dagli altri dipendenti nei confronti della lavoratrice.
Il datore di lavoro è tenuto ad assumere inderogabilmente una posizione di garante, anche in accordo con le disposizioni della Carta costituzionale che hanno consacrato il definitivo ripudio dell'ideale produttivistico quale unico criterio su cui improntare l'agire privato, in considerazione del fatto che l'attività produttiva è subordinata all’utilità sociale, che va intesa come realizzazione di un pieno e libero sviluppo della persona umana e dei connessi valori di sicurezza, di libertà e dignità. Anche nel rapporto di lavoro sono preminenti il rispetto e la dignità della persona.
L'articolo 2087 del Codice civile, imponendo la tutela dell'integrità psico-fisica del lavoratore da parte del datore di lavoro, prevede un obbligo, da parte di quest'ultimo, che non si esaurisce nell'adozione di misure di tipo igienico-sanitarie o antinfortunistico, ma attiene anche alla predisposizione di misure atte a preservare i lavoratori dalla lesione di quella integrità nell'ambiente o in costanza di lavoro anche in relazione ad eventi, pur se allo stesso non collegati direttamente.
7 luglio 2021