Collaborazioni domestiche: non può essere riconosciuto il lavoro straordinario, allorché sia accertata la volontarietà della scelta della lavoratrice di trascorrere il tempo libero in compagnia dell'assistita.
Corte di Cassazione, sentenza 28703 del 2020.
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova che aveva rigettato la domanda di differenze retributive proposta da una collaboratrice domestica in regime di convivenza impegnata per le esigenze assistenziali di una donna non autosufficiente.
La Corte di Appello aveva ritenuto non raggiunta la prova dello svolgimento di ore di lavoro straordinario nei giorni festivi, utili ai fini del riconoscimento in capo alla lavoratrice del diritto alle differenze retributive. La Corte di Appello, infatti, aveva accertato che la condizione di convivente nella casa era compatibile con la volontarietà della scelta della collaboratrice di trascorrere il proprio tempo libero in compagnia dell'assistita e del figlio di questa, sempre presente nei giorni festivi per assolvere alle esigenze dell'anziana madre.
Avverso la sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione la collaboratrice domestica, lamentando l'incongruità dell'affermazione con cui la Corte di Appello ha riconosciuto che la collaboratrice era presente nell'abitazione anche nei giorni festivi, ma che tale presenza era scelta volontariamente e non era legata all'assolvimento dei normali compiti assistenziali e deducendo l’erronea presunzione da parte del giudice dell’appello della volontarietà e gratuità della prestazione in assenza di qualsiasi deduzione istruttoria su tale circostanza da parte della datrice e in assenza di presunzioni gravi, precise e concordanti acquisite al processo.
La Suprema Corte ha evidenziato che i motivi di gravame non sono idonei a contrastare le ragioni del provvedimento della Corte di Appello, che ha escluso, sulla base dell'accertamento di merito, che la badante prestasse lavoro straordinario nei giorni non lavorativi, essendo in regime di coabitazione con l'assistita ed essendo rimasta, anche dopo la morte di questa, nella casa in virtù di un comodato d'uso gratuito concessole dai familiari. Il complesso delle circostanze dedotte, dunque, ha portato correttamente la Corte di Appello ad affermare l'assoluta volontarietà della permanenza della collaboratrice nella casa di abitazione, nonché della partecipazione alle attività svolte nei giorni non lavorativi, senza che da ciò potesse desumersi l'effettivo svolgimento di prestazioni lavorative, anche perché in quei giorni era sempre il figlio dell'assistita non convivente ad occuparsi della madre.
3 giugno 2021