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Benefici per esposizione amianto: vittoria in Cassazione per lo Studio Legale Carozza.

Corte di Cassazione, sentenza 5228 del 2017.

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere riconosceva ad un dipendente della Sige Ferroviaria i benefici previdenziali della legge 257/1992 in conseguenza dell'esposizione all'amianto subita.

La Corte d'appello di Napoli, in accoglimento dell'appello proposto dall'Inps, rigettava la domanda, ritenendo che il lavoratore non avesse provato il superamento dei valori soglia previsti.

L'avvocato Domenico Carozza proponeva ricorso per cassazione che è stato accolto dalla Suprema Corte.

La Corte di Appello ha ingiustamente escluso il diritto vantato dall'interessato in base ad una doppia considerazione: la mancanza della certificazione Inail, con la conseguente irrilevanza dell'atto di indirizzo del Ministero, e l'assenza di misurazioni specifiche circa i livelli di amianto riscontrabili nell'ambiente di lavoro.

Nel corso del giudizio era stata, tuttavia, depositata una consulenza ambientale disposta in altro giudizio, ed avente ad oggetto la stessa officina Sige Ferroviaria ove era stata rilevata una concentrazione di fibre di amianto superiore ai limiti.

In tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all'amianto, spetta al giudice accertare l'esposizione del lavoratore al rischio qualificato ultradecennale, valutando gli elementi probatori in suo possesso, ivi compresi gli atti di indirizzo del Ministero del lavoro, i quali hanno un'indubbia valenza presuntiva ai fini della prova dell'esposizione qualificata.

Non è necessario che il lavoratore fornisca la prova atta a quantificare con esattezza la frequenza e la durata dell'esposizione, potendosi ritenere sufficiente, avuto riguardo al tempo trascorso e al mutamento delle condizioni di lavoro, che si accerti, anche con consulenza tecnica, la rilevante probabilità di esposizione del lavoratore al rischio morbigeno qualificato, attraverso un giudizio di pericolosità dell'ambiente di lavoro, ancorché espresso con un ampio margine di approssimazione.

La Corte di Appello non ha tenuto conto del fatto che una oggettiva misurazione del livello di fibre di amianto aerodisperse nell'ambiente di lavoro non è sempre consentita, in ragione della notevole distanza di tempo che spesso trascorre tra il momento dell'esposizione e l'azione giudiziale, nonché del mutamento delle condizioni produttive.

La CTU disposta in altro giudizio, attraverso la ricostruzione dell'ambiente di lavoro, aveva già individuato le fonti di esposizione all'amianto, ritenuta ubiquitaria ed estesa a tutti gli impianti, reparti ed officine di riparazione, accertato l'uso di amianto massiccio, e formulato un giudizio di pericolosità dell'ambiente con un rilevante grado di probabilità circa il superamento della soglia massima di tollerabilità.

Secondo la Cassazione, gli elementi offerti dalla difesa del lavoratore, per la loro univocità e gravità, avrebbero dovuto indurre ad un maggiore approfondimento della situazione ambientale giacché la prova dell'inquinamento ambientale può essere ravvisata anche in presenza di un elevato grado di probabilità.

La sentenza della Corte di Appello di Napoli è stata, dunque, cassata.

 

4 maggio 2017

 

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