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Benefici contributivi per gli invalidi: senza la domanda amministrativa un'azione di mero accertamento dell’invalidità non è proponibile.

Corte di Cassazione, sentenza 25395 del 2016.

La Corte di appello di Roma, accogliendo il gravame svolto dall’interessata, previa declaratoria dello stato di invalidità del 75% dal gennaio 2008, dichiarava il diritto della medesima ad ottenere il beneficio contributivo di cui alla legge 388/2000.

L’INPS proponeva ricorso per cassazione.

L’interessata aveva chiesto in sede amministrativa il riconoscimento della propria condizione di invalidità ai fini dell'attribuzione dell'accredito figurativo ai sensi della legge 388/2000, ma non aveva presentato una domanda avente ad oggetto l'accertamento del diritto a tale beneficio o ad una provvidenza assistenziale. L’INPS deduceva, quindi, l'inammissibilità dell'azione giudiziaria promossa per precostituirsi l'accertamento di un presupposto del beneficio.

La legge 388/2000 prevede che a decorrere dall'anno 2002, ai lavoratori sordomuti di cui alla legge 381/1970, nonché agli invalidi per qualsiasi causa, ai quali è stata riconosciuta un'invalidità superiore al 74% o ascritta alle prime quattro categorie della tabella A allegata al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, è riconosciuto, a loro richiesta, per ogni anno di servizio presso pubbliche amministrazioni o aziende private ovvero cooperative effettivamente svolto, il beneficio di due mesi di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell'anzianità contributiva, il beneficio è riconosciuto fino al limite massimo di cinque anni di contribuzione figurativa.

Nell'ambito di applicazione della legge 388/2000 rientrano: a) i lavoratori sordomuti, ovvero i minorati sensoriali dell'udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l'età evolutiva che gli abbia impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato, purchè la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio, b) gli invalidi civili (con invalidità superiore al 74%) affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari psichici per oligofrenie di carattere organico o dismetabolico, insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali che abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa con invalidità superiore al 74%; c) gli invalidi di guerra, civili di guerra e gli invalidi per cause di servizio nel rapporto di pubblico impiego con le Amministrazioni statali o gli enti locali con invalidità ascritta alle prime quattro categorie della tabella A allegata al D.P.R. 834/1978.

Per effetto del beneficio l'anzianità contributiva del lavoratore viene maggiorata di due mesi per ogni anno di attività prestata come invalido con grado di invalidità superiore al 74%. Per periodi di lavoro inferiori all'anno, la maggiorazione va operata in misura proporzionale aumentando di un sesto il numero delle settimane di lavoro svolto. Il beneficio è riconosciuto sino al limite massimo di cinque anni, e, comunque, entro l'anzianità contributiva massima valutabile nel Fondo a carico del quale viene liquidata la pensione.

La maggiorazione di anzianità spetta per i periodi di attività effettiva, vanno esclusi i periodi coperti da contribuzione volontaria, figurativa o derivante da riscatto, in quanto non correlati ad attività lavorativa; a tal fine dovranno essere presi in considerazione i periodi di attività lavorativa alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, aziende private o cooperative, svolti in concomitanza con il possesso del requisito sanitario richiesto.

E’ essenziale che l'interessato richieda il beneficio con domanda amministrativa all’INPS. L'accertamento dell'esistenza di un grado di invalidità superiore al 74% costituisce soltanto uno dei presupposti di fatto del diritto alla maggiorazione.

La tutela giurisdizionale è tutela di diritti. Il processo, salvo casi eccezionali predeterminati per legge, può essere utilizzato solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio e non di per sé, per gli effetti possibili e futuri.

Non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti ma che costituiscano elementi frazionistici della fattispecie costitutiva di un diritto, la quale può costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella funzione genetica del diritto azionato e quindi nella sua interezza.

L'interesse ad agire richiede non solo l'accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l'esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice. Il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per la parte, senza che sia precisato il risultato utile e concreto. Non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che costituiscono solo elementi frazionati della fattispecie costitutiva di un diritto, che può costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella sua interezza.

La Corte di Cassazione ha, in conclusione, accolto il ricorso dell’INPS e condannato l’interessata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in oltre 2000 euro.

6 novembre 2019

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