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Assunzione di cittadino extracomunitario privo di permesso di soggiorno senza preventiva comunicazione: reato ed illecito amministrativo.

Corte di Cassazione, sentenza 15096 del 2018.

La Corte di Appello di Lecce confermava la sentenza con la quale il Tribunale aveva in parte accolto la opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione di pagamento emessa dalla Direzione provinciale del lavoro nei confronti di un imprenditore individuale a titolo di sanzione per aver impiegato due lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto.

La Corte di Appello, con riferimento ad un lavoratore extracomunitario, aveva valutato che, attesa la presenza in atti di documentazione attestante l’illecito amministrativo in questione come accertato dagli ispettori del lavoro, doveva ritenersi che, trattandosi di cittadino straniero extracomunitario privo di permesso di soggiorno, la violazione amministrativa relativa all’utilizzo del lavoratore in assenza di denuncia del rapporto di lavoro, dovesse ritenersi assorbita dalla sanzione penale prevista per l’assenza del permesso di soggiorno. La Corte di Appello riteneva infatti che la norma penale assorbisse per intero il disvalore attribuito dal legislatore alla instaurazione di un rapporto di lavoro irregolare, si che la sanzione penale non poteva cumularsi con quella amministrativa.

Avverso la decisione il Ministero del Lavoro proponeva ricorso per cassazione, accolto dalla Suprema Corte.

La Corte di Appello ha ritenuto la norma penale relativa alla occupazione di lavoratori privi di permesso di soggiorno (decreto legislativo 286/1998), come assorbente dell’illecito amministrativo costituito dalla mancata denuncia del lavoratore occupato.

In realtà si tratta di due fattispecie distinte che neppure possono essere correlate in termini di causalità o antecedenza logica dell’una rispetto all’altra, così da determinare una oggettiva connessione tra l’illecito amministrativo ed il reato.

Alcuna connessione è possibile in quanto le due ipotesi sanzionatorie hanno riguardo a condotte tra loro differenti (occupazione di lavoratore privo di permesso di soggiorno; mancata denuncia del lavoratore occupato), considerate dal legislatore, nelle rispettive sedi, penale ed amministrativa, a tutela di distinte finalità. La norma penale è diretta a contrastare il fenomeno della immigrazione clandestina mentre la disposizione amministrativa vuole evitare il lavoro nero.

La sussunzione dell’una nell’altra determinerebbe una inaccettabile confusione tra divieti penali e obblighi cui è comunque tenuto il datore di lavoro, con la conseguenza che, una volta giudicato per l’assunzione di un lavoratore extracomunitario privo di permesso di soggiorno, il datore di lavoro sarebbe esonerato dagli obblighi connessi alla prestazione di lavoro in nero.

Nel caso di prestazioni lavorative rese dal lavoratore extracomunitario privo del permesso di soggiorno, l’illegittimità del contratto per la violazione di norme imperative (Testo Unico Immigrazione) poste a tutela del prestatore di lavoro, sempre che la prestazione lavorativa sia lecita, non esclude l’obbligazione retributiva e contributiva a carico del datore di lavoro, in coerenza con la razionalità complessiva del sistema che vedrebbe altrimenti alterate le regole del mercato e della concorrenza ove si consentisse a chi viola la legge sull’immigrazione di fruire di condizioni più vantaggiose rispetto a quelle cui è soggetto il datore di lavoro che rispetti la disciplina in tema di immigrazione.

Una differente soluzione non sarebbe in coerenza neppure con disposizioni quali l’articolo 2126 del codice civile che tutela comunque la prestazione di lavoro di fatto svolta con il riconoscimento dei diritti retributivi e contributivi ad essa collegati, nonché con l’articolo 36 della Costituzione che garantisce una adeguata retribuzione al lavoratore con ciò assicurando dignità solo in ragione della prestazione di lavoro e non della origine territoriale del soggetto.

20 novembre 2019

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