Assicurazione sociale per l'impiego (ASPI): determinazione del corretto importo dovuto al lavoratore. Vittoria in Tribunale per lo Studio Legale Carozza.
Tribunale di Napoli Nord, sentenza 960 del 2018.
Un lavoratore, assistito dalla FILCA CISL NAPOLI, era stato alle dipendenze di una impresa edile con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ed orario pieno dal 23/08/2011 al 20/12/2013. Il medesimo era stato inquadrato nella categoria di operaio del livello 2 della declaratoria professionale del ccnl.
La società datrice di lavoro riconosceva all’operaio la retribuzione prevista per l’inquadramento di riferimento dal ccnl per le imprese edili.
Il rapporto di lavoro cessava il 20-12-2013 in ragione del licenziamento intimato dalla società.
Il 22-12-2014 l’interessato provvedeva alla iscrizione al collocamento presso il Centro per l'Impiego attestando il proprio stato di disoccupazione.
Al 18-12-2014 il lavoratore poteva far valere almeno due anni di assicurazione presso l'INPS e almeno un anno di contribuzione presso l'INPS per lavoro subordinato nel biennio precedente l'inizio del periodo di disoccupazione.
Il 02-01-2014 il lavoratore presentava domanda amministrativa di prestazione ASPI.
L'Indennità ASPI dell’interessato doveva essere rapportata alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi due anni, comprensiva degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità' aggiuntive, divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33. L'indennità mensile, rapportata alla retribuzione mensile superiore nel caso concreto all'importo di 1.180 euro mensili, doveva essere pari al 75 per cento del predetto importo incrementata di una somma pari al 25 per cento del differenziale tra la retribuzione mensile e il summenzionato importo.
Il lavoratore lamentava una differenza tra la prestazione che avrebbe dovuto percepire e quella effettivamente percepita.
Il lavoratore proponeva preventivamente ricorso amministrativo cui l’INPS non offriva alcun riscontro.
L’interessato proponeva, quindi, ricorso giudiziario con l’assistenza dello Studio Legale Carozza.
L’INPS si costituiva in giudizio allegando la corretta erogazione delle somme dovute per le mensilità indicate e chiedeva rigettarsi il ricorso.
Il Tribunale ha richiamato l'articolo 2 della legge 92/2012 invocato dalla difesa del lavoratore. La normativa prevede che prevede che a decorrere dal gennaio 2013 e in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dalla predetta data e' istituita, l'Assicurazione sociale per l'impiego (ASPI), con la funzione di fornire ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione un'indennità' mensile di disoccupazione. La legge prevede che tale indennità e' rapportata alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi due anni, comprensiva degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità' aggiuntive, divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33. L'Indennità mensile e' rapportata alla retribuzione mensile ed e' pari al 75 per cento nei casi in cui la retribuzione mensile sia pari o inferiore nel 2013 all'importo di 1.180 euro mensili, annualmente rivalutato sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell'anno precedente; nei casi in cui la retribuzione mensile sia superiore al predetto importo l'indennità' e' pari al 75 per cento del predetto importo incrementata di una somma pari al 25 per cento del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo. L'Indennità' mensile non può' in ogni caso superare l'importo mensile massimo come disciplinato dalla legge 427/1980.
Il Giudice del lavoro, esaminata la documentazione agli atti, conferiva incarico ad un Consulente Tecnico di Ufficio perché effettuasse il calcolo della prestazione dovuta al lavoratore sulla scorte delle norme indicate in ricorso. Il Magistrato chiedeva, inoltre, al CTU di raffrontare gli importi dovuti con quelli effettivamente pagati dall’INPS.
Il CTU, eseguite una serie di verifiche, anche con accesso al Cassetto Previdenziale del lavoratore, riscontrava l’esistenza di una differenza tra quanto il lavoratore avrebbe dovuto percepire a titolo di ASPI e quanto pagato dall’INPS.
Il Giudice del Lavoro riteneva le conclusioni del CTU il risultato di un ragionamento corretto ed esaurientemente argomentato.
Il Tribunale, dunque, accoglieva il ricorso promosso condannano l’Istituto a pagare al lavoratore le differenze dovute oltre gli interessi legali come previsti dalla legge.
26 aprile 2018