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Amianto e mesotelioma maligno del carpentiere navale. Danno da perdita del rapporto parentale.

Tribunale di Genova, sentenza 272 del 2019.

La moglie ed i figli di un dipendente del Ministero della Difesa esponevano che il proprio congiunto aveva prestato attività lavorativa alle dipendenze del Ministero della Difesa presso l’Arsenale della Marina Militare di La Spezia, con la qualifica di carpentiere navale e di addetto ai bacini di carenaggio; che il lavoratore nell’espletamento delle sue mansioni (consistenti nello smantellamento e riparazione e sostituzione di tubazioni e parti strutturali dell’unità navale), era stato costretto a manipolare e ad avere contatto diretto con l’amianto, senza alcun tipo di protezione; che l’intensa e duratura inalazione di fibre di amianto aveva causato al loro congiunto gravi problemi di salute, come confermato dall’esame istologico, con cui era stata diagnosticata la diffusa infiltrazione da mesotelioma maligno sarcomatoide; che lo stesso lavoratore, nonostante si fosse sottoposto a vari cicli di chemioterapia era deceduto; che la causa della morte era risultata sia dal registro di igiene e sanità pubblica dell’Azienda USL, sia dall’INAIL, cui il proprio familiare, prima del decesso, aveva presentato domanda di riconoscimento dell’esposizione all’amianto.

Gli eredi del lavoratore chiedevano la condanna del Ministero Della Difesa al risarcimento dei danni non patrimoniali per la perdita del rapporto parentale, nonché per danno esistenziale.

Il Tribunale ha ritenuto il Ministero della Difesa responsabile dell’insorgenza della patologia.

Il rapporto causale che deve sussistere tra la condotta del soggetto tenuto a garantire la sicurezza sul luogo di lavoro e la malattia contratta dal lavoratore ai fini dell’imputabilità dell’evento lesivo, corrisponde all’accertamento del nesso tra un comportamento omissivo e l’evento di danno come regolato dagli articoli 40 e 41 del codice penale. Questi articoli stabiliscono un principio valido anche per l’illecito civile: nel reato colposo omissivo improprio il rapporto di causalità tra omissione ed evento deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo.

La condotta è condizione necessaria dell’evento se, eliminata mentalmente, l’evento non si sarebbe verificato.

Nel caso affrontato, il CTU, dopo aver stabilito che il decesso è stato causato da mesotelioma pleurico ha precisato quanto segue: l’attività lavorativa svolta dal lavoratore presso l’Arsenale Marina Militare di La Spezia in qualità di scaldachiodi/carpentiere navale ha comportato una esposizione ad amianto, di entità superiore ai livelli di esposizione della popolazione generale; detta esposizione ad amianto è stata causa, o concausa, del mesotelioma pleurico, in assenza di altri evidenziabili fattori causali.

Il prolungato contatto avuto dal lavoratore con l’amianto ha trovato puntuale conferma anche nelle deposizioni rese dai testimoni.

Il Ministero della Difesa non ha mai predisposto alcuna misura volta ad evitare l’esposizione all'amianto o ad attutirne gli effetti nocivi. Vi è stata una colposa omissione delle misure e dei dispositivi di protezione.

I rischi connessi alla lavorazione dell’amianto erano già noti al momento dello svolgimento del rapporto di lavora.

L’imperizia, nella quale rientra la ignoranza delle necessarie conoscenze tecnico scientifiche, è uno dei parametri integrativi al quale commisurare la colpa, e non potrebbe risolversi in esimente da responsabilità per il datore di lavoro.

Dall’esame della legislazione risalente, può affermarsi che all'epoca di svolgimento del rapporto, era nota la pericolosità delle fibre dell'amianto, tanto che le stesse erano circondate legislativamente di particolari cautele.

Il CTU ha rilevato che nell’ambiente scientifico il rapporto causale tra amianto e mesotelioma era conosciuto dal 1965.

Le dimensioni e l’organizzazione del Ministero della Difesa erano tali da rendere esigibile la massima diligenza ed attenzione nell’adeguamento alle conoscenze scientifiche.

Il Ministero della Difesa deve ritenersi responsabile della patologia contratta dal lavoratore.

Il soggetto che chiede il risarcimento a seguito della morte di un congiunto per la definitiva perdita del rapporto parentale lamenta un pregiudizio concernente un bene giuridico diverso da quello della salute, in quanto l’interesse fatto valere attiene all’intangibile sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia, nonché all’inviolabile libertà di piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana all'interno della famiglia.

Trattasi di interesse protetto, di rilievo costituzionale, non avente natura economica, la cui lesione apre la via ad un risarcimento.

Il danno da perdita del rapporto parentale va al di là del mero dolore che la morte in sé di una persona cara provoca, concretandosi esso nel vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò nella distruzione di un sistema di vita basato sull’affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità, nonché nel non potere fare più ciò che per anni si è fatto e nelle relazioni tra i superstiti.

Il Tribunale ha, quindi, dichiarato il Ministero della Difesa responsabile della patologia contratta dal lavoratore e risultata causa della sua morte con condanna al pagamento di euro 270.000,00 alla moglie e di euro 200.000,00 in favore di ciascuno dei figli a titolo di risarcimento del danno.

31 gennaio 2020

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