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Alterazione del registro delle presenze e licenziamento discplinare.

Cassazione, sentenza 17259 del 2016.

L’Ufficio Scolastico ligure intimava ad un insegnante il licenziamento disciplinare addebitandogli la seguente condotta: impossibilitato ad entrare nella scuola per l'assenza del personale addetto un giorno, aveva fatto risultare la sua presenza in servizio, con inserimento manuale, nel sistema informatico, del suo orario di lavoro nei giorni successivi alla chiusura della scuola. Il medesimo riteneva di non essere tenuto ad osservare il provvedimento che aveva disposto le ferie per tutto il personale scolastico il giorno 24 dicembre.

Secondo la Cassazione, il comportamento contestato al lavoratore è sussumibile entro la fattispecie astratta prevista prevista dal D.Lgs. 165/2011 che punisce con il licenziamento la falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, posto che effettivamente quelle annotazioni attestarono una circostanza non vera e cioè la presenza in servizio dell’interessato.

L’eventuale assenza di volontà fraudolenta non ha alcun rilievo. Dirimente è che attraverso la falsa registrazione, nel sistema informatico, il lavoratore nei giorni successivi al 24 dicembre, aveva mirato a far risultare la sua presenza in servizio. La condotta posta in essere aveva raggiunto lo scopo di ottenere la retribuzione di una giornata di lavoro non prestato. Quale fosse stata la ragione che aveva ispirato la falsa registrazione della sua presenza in servizio, essa non giustificava la condotta, non potendo il lavoratore farsi ragione da sè, alterando i dati del programma o inserendo dati falsi.

La gravità della condotta non poteva essere esclusa nè attenuata dal fatto che l’interessato non avesse provveduto ad attestare la sua presenza attraverso la timbratura automatica del cartellino e che fosse ricorso all'inserimento manuale del falso orario di lavoro nel programma informatico: la condotta era sussumbile, comunque, entro la previsione della falsa attestazione della presenza in servizio. La registrazione falsa aveva realizzato l'obiettivo di fare risultare presente il lavoratore, nonostante non fosse entrato nella scuola.

La Corte di Cassazione ha, dunque, rigettato l’impugnativa del lavoratore condannandolo a pagare oltre 3000 euro di spese legali.

14 settembre 2016

 

 

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